“Mi lavo i capelli e il giorno dopo sembrano già unti.”
“Penseranno tutti che non mi lavo i capelli da una settimana, eppure ho fatto lo shampoo ieri sera!”
Ti riconosci in queste parole? Chi convive con un cuoio capelluto particolarmente grasso sicuramente le ha pensate o pronunciate più di una volta.
Forfora, dermatite seborroica e in generale un’eccessiva produzione di sebo da parte del cuoio capelluto sono condizioni molto fastidiose: al di là del fattore puramente estetico, spesso si accompagnano anche a irritazione cutanea, prurito e bruciore. Come se non bastasse, ci costringono anche a fare lavaggi ancor più frequenti in un periodo in cui l’acqua calda è particolarmente dispendiosa. Come uscirne?
Nonostante la messa in commercio di numerosi detergenti antiforfora e “per capelli grassi”, molte persone ancora non riescono a trovare la via d’uscita da questa dipendenza dallo shampoo, che regala un momentaneo sollievo ma, a quanto pare, può contribuire a far perseverare il problema.
Il sebo, infatti, altro non è che una sostanza oleosa secreta dal cuoio capelluto per proteggere i capelli e la cute dagli agenti esterni; quando ci laviamo con uno shampoo “classico” a base di tensioattivi schiumogeni, questo sebo viene solubilizzato e lavato via, lasciando i capelli e la pelle “sguarniti” e indifesi. A questo punto si applica il balsamo, che sostituisce lo strato oleoso del sebo, con un film che protegge e idrata il capello e gli dona una visibile lucentezza. Nella maggior parte delle persone questo metodo di lavaggio non crea alcun problema, anzi. Tuttavia, in alcuni soggetti più sensibili, finisce per stimolare il cuoio capelluto a sovracompensare, producendo ancora più sebo: ecco quindi che, maggiore la frequenza dei lavaggi, maggiore sarà la rapidità con cui i capelli torneranno unti.
Due metodi di cui si sta parlando spesso sui social sono il co-washing (conditioner-washing), che consiste nel lavare i capelli solo con il balsamo, e il low-poo (low-shampoo), basato invece sull’utilizzo di detergenti a base oleosa e senza tensioattivi.
Entrambe le pratiche promettono di ripristinare l’equilibrio del cuoio capelluto, a patto di sopportare qualche settimana “di assestamento” in cui l’aspetto dei capelli sarà particolarmente unto e appesantito, condizione che dovrebbe rientrare spontaneamente. Diversi influencer, dopo aver provato l’uno o l’altro metodo, sfoggiano chiome leggere e voluminose, affermando che non tornerebbero mai più indietro.
Funziona per tutti? Difficile a dirsi, soprattutto perché sui social tendiamo a condividere le nostre storie di successo ma non gli esperimenti andati male. Quante persone avranno provato e, non essendosi trovate bene, avranno smesso di pubblicare contenuti a riguardo? Impossibile saperlo.
In ogni caso potete farvi la vostra opinione cercando “low-poo” o “co-washing” sul vostro social preferito e guardare qualche testimonianza.
Un aspetto critico, che vale soprattutto per il co-washing, è il fatto che il balsamo non è progettato per lavare, quindi non è in grado di eliminare batteri, pelle morta e polveri sottili depositati nel sebo. Diverso è il discorso per gli shampoo a base oleosa, la cui efficacia può però variare notevolmente da marchio a marchio, ed è difficile poterla valutare in pochi giorni di utilizzo.
Un altro metodo, più adatto a chi non ha intenzione di trascorrere un mese con i capelli perennemente unti, può essere l’applicazione di impacchi a base di argilla verde e tea tree oil, che agiscono assorbendo il sebo in eccesso e hanno una discreta funzione antibatterica.
Con l’argilla si può anche creare un vero e proprio shampoo, mescolandola con acqua e qualche goccia di olio di jojoba: si passa poi a strofinare il composto sui capelli e si risciacqua. I contro di questa pratica sono soprattutto gli aspetti pratici: è un prodotto che lascia parecchie tracce terrose nella doccia; chi ha poca voglia o tempo di pulire dopo ogni lavaggio di capelli può puntare sugli shampoo all’argilla preconfezionati, facili da trovare online o in erboristeria. Anche qui, naturalmente, l’efficacia può variare tra un prodotto e l’altro: il primo acquisto potrebbe non essere la scelta definitiva.
Il consiglio più valido, in ogni caso, lo potrà dare il dermatologo: conoscendo la storia e le caratteristiche del paziente, saprà indirizzarlo più facilmente verso la soluzione più adatta e soddisfacente.
E tu, pensi di provare qualcuno di questi metodi? Se sì, faccelo sapere!