Dieci anni di birra in Italia

2010 - 2019: si è da poco concluso il decennio più importante in assoluto per l’evoluzione del settore brassicolo in Italia. Vediamo perchè questo periodo è stato così determinante!

Nel 2010 nel nostro Paese l’attenzione del consumatore verso la birra di qualità era crescente, si moltiplicavano le aperture di locali indipendenti così come le iniziative e gli eventi a tema.

L’interesse verso questo mondo ha certamente avuto una grande spinta dall’implacabile ascesa delle India Pale Ale di stampo moderno, su modello USA. Se vi interessa l’argomento, trovate un approfondimento qui.

A settembre del 2010 arrivò un decreto ministeriale che definì la birra un prodotto agricolo: sul mercato si affacciarono molte aziende agricole con impianto di produzione proprio e diversi birrifici storici cambiarono status per sfruttare i vantaggi del nuovo regolamento. Esso permette infatti, alle aziende che coltivano in loco almeno il 51% delle materie prime (sostanzialmente orzo), l’accesso ad agevolazioni fiscali, la possibilità di avvalersi di vari finanziamenti e di partecipare a bandi europei.

D’altra parte emerse in questi anni anche il fenomeno opposto: il boom delle “beer firm”, ovvero dei marchi brassicoli privi di impianto di proprietà. Il fervore per questo sistema raggiunse il suo apice nel 2013, quando queste realtà erano in Italia più di cento, mentre si contavano sulle dita di una mano fino all’anno precedente.
Tuttavia si trattò di una moda fugace: le difficoltà dell’iter produttivo e i ridotti margini di vendita portarono al collasso quasi totale del modello di business.

Di questi anni sono anche le prime collaborazioni tra birrifici e le cosiddette “one shot”, ovvero le birre create una tantum per occasioni speciali: due tendenze oggi ampiamente consolidate sul mercato.

Il primo lustro del periodo in questione si conclude con il timido ingresso di uno stile brassicolo tutto italiano nelle guide stilistiche internazionali, evento di cui abbiamo parlato in questo articolo.

Nel 2016 il grande punto di svolta: l’articolo 35 della Legge 154/2016 definisce la produzione della birra artigianale: l’Italia è una delle poche nazioni al mondo a disciplinare questo ambito con una norma avente forza di legge.

Gli investimenti nel settore furono immediati: il più grande colosso birrario del mondo, AB Inbev (che possiede, tra gli altri, Budweiser, Corona, Stella Artois, Becks’s, Hoegaarden, Leffe e Franziskaner) acquistò il birrificio artigianale Birra del Borgo, la prima di una serie di acquisizioni da parte di grandi multinazionali.

In questi anni si consolidò anche l’impiego delle lattine per la birra di qualità, un tema che abbiamo affrontato in dettaglio in questo articolo.

Il decennio si conclude con lo stesso entusiasmo verso il mondo brassicolo con cui si è aperto, se non maggiore: lo vediamo ad esempio dal numero crescente di inaugurazioni di “tap room” nel Paese. Si tratta di spazi per assaggi in loco, lo “spaccio aziendale” a misura di pinta. Le tap room sono attività redditizie, ma anche un importante strumento comunicativo per i brand che vogliono sottolineare il loro legame col territorio.

Non possiamo che augurare al settore brassicolo un altro decennio di successi!