I gatti ci vogliono bene?

Probabilmente gran parte dei possessori di gatti è certo che il suo affetto sia ricambiato. Eppure, la reputazione del gatto perdura: freddo, interessato, noncurante. La sua indipendenza, molto apprezzata da alcuni, viene interpretata da altri come egoismo. Nonostante migliaia di anni di domesticazione, molti pensano che il gatto si dimostri amichevole soltanto quando la ciotola è vuota.

Chi ha un cane non ha dubbi: il legame è palese, e le emozioni di Fido sono ovvie: i cani sarebbero pessimi giocatori di poker. Il linguaggio dei gatti, argomento di cui abbiamo trattato in altre occasioni, è molto più difficile da interpretare. In ogni caso, la reputazione da scorbutico del felino non ha intaccato la sua popolarità in quanto animale domestico: uno studio del 2012 rileva che nel Regno Unito ci sono 10 milioni di gatti… C’è almeno un gatto in una casa su quattro!

La mimica del cane

Uno studio dell’Università di Portsmouth dimostra che i cani hanno appreso la mimica espressiva dei bambini, che suscita nell’uomo un istinto di accudimento. Il risultato? Gli occhi da cucciolo: le sopracciglia che si inarcano all’interno. I gatti, per loro sfortuna, non hanno questo muscolo facciale.

La storia del nostro legame con il micio può gettare luce sul suo comportamento. I primi gatti domesticati compaiono nel Neolitico in Medio Oriente, circa 10.000 anni fa. Non dipendevano dall’uomo per il cibo, erano anzi incoraggiati a procacciarselo da sé. In questo modo i nostri antenati mantenevano le coltivazioni e le riserve di alimenti libere da roditori e altri parassiti. Già da allora, quindi, il loro ruolo era relegato a una maggior distanza rispetto a quello dei cani, al fianco dei padroni nella caccia.

Il gattino che ora sta appollaiato sulla libreria o seduto sul divano, preserva molti degli istinti dei suoi avi, come il desiderio di cacciare e di controllare il territorio. Sono molto più vicini alla loro versione selvatica di quanto lo siano i cani.
Il micio deriva dalla specie africana Felis lybica: una razza solitaria, che normalmente si raggruppa coi suoi simili soltanto per l’accoppiamento. I gatti sono l’unica specie asociale che abbiamo domesticato: tutte le altre hanno un legame socievole con gli altri membri della loro specie.

La ricerca sulle emozioni dei gatti e la loro socievolezza è sempre stata un passo indietro rispetto a quella sui cani. Recentemente però, questo campo sta ricevendo più attenzioni e si stanno facendo dei passi avanti, rilevando che il legame umano-gatto si dispiega in uno spettro molto ampio e complesso. Pare che, oltre alla genetica, influiscano molto sul carattere del felino le esperienze che egli vive nelle prime sei/otto settimane di vita. Quanto più queste saranno positive, maggiore sarà la sua predisposizione a interagire con l’uomo. Ad esempio, quandosi sfregano sulle nostre gambe, stanno cercando di trasmetterci il loroodore, e di permearsi del nostro. È ciò che fanno i gatti selvatici con i loro alleati: cercano di creare un odore comune, che li identifichi come “squadra”.

Anche la domesticazione stessa dell’animale presenta un ventaglio: mentre i gatti selvaticinormalmente si nascono dagli umani, esistono colonie di randagi in tutto il mondo che interagiscono felicemente con noi bipedi. A Istanbul, i semi-randagi vengono nutriti e protetti dagli abitanti, e sono diventati parte dell’identità stessa della città. Poi ci sono i gatti domestici, che dimostrano a loro volta una gamma di atteggiamenti diversi, dai più amichevoli ai più solitari.

Conclusioni

È fondamentale che un gatto sia rilassato perché interagisca con noi. Quando hanno acqua, cibo, gli spazi giusti per dormire e per sentirsi a loro agio e la loro lettiera in ordine, possono dedicarsi a socializzare.
A volte il problema sta nelle aspettative che nutriamo nei confronti degli animali domestici. Non possiamo aspettarci dai gatti un comportamento che non li caratterizza, ma dobbiamo rispettare e valorizzare l’affetto che ci dimostrano a modo loro.