In una piccola frazione del comune leccese di Carpignano Salentino, il pane prende forma su un tèvelére. Mentre più a sud, fra i Monti Iblei, la spianatoia prende il caratteristico nome di scaniaturi, dove il pane veniva appunto scaniatu, battuto con un robusto braccio di legno finché non risultava morbido e pronto per le successive fasi di panificazione.
Uno dei luoghi dove si sente parlare spesso in dialetto è la cucina. Davanti ai fornelli, con le mani in pasta o un mestolo in mano, i dialetti d’Italia ci accompagnano nella preparazione di piatti tipici e quotidiani, dando a ogni utensile, abito o ricetta un’aura di tradizione e autenticità. Il dialetto non sarà dunque una lingua, ma di sicuro è un linguaggio, vero e autentico, che mantiene vivo il legame tra i suoi parlanti e la loro storia.
Ogni regione dello stivale ha il proprio dialetto e dunque il suo modo di definire ciò che viene utilizzato di solito in cucina.
Cominciamo dall’abbigliamento:
Parrannanza (Molise) = Grembiule
Lo metti ancora per cucinare? Il grembiule ha da sempre evitato di sporcarsi, preservando gli abiti da macchine indesiderate. Se consideriamo che si possedevano meno vestiti e non esisteva la lavatrice, capiamo facilmente perché fosse così importante!
Mandillo (Liguria) = Fazzoletto
Indossato dalle donne per evitare che i capelli interferissero con la preparazione o che, cosa ben peggiore, finissero accidentalmente nel piatto da portare in tavola. Oggi a casa si è soliti legarsi i capelli, mentre nelle cucine dei ristoranti cappelli, berretti e cuffie sono indossati da tutto il personale.
Passiamo ora agli utensili:
Sartaèna (Sardegna) = Padella
Quella dai bordi alti e profonda è più adatta alle fritture. Ma ciò non toglie che in padella si possa anche scottare un fetta di carne o, appunto, spadellare delle verdure con un filo d’olio e qualche spezia.
Sgommarello (Lazio) = Mestolo
Utile per mescolare zuppe, bolliti e persino la pasta di tanto in tanto, affinché non si attacchi al fondo della pentola.
Votapesce (Campania) = Schiumarola
In alcuni dialetti (come in Sicilia, Abruzzo e Piemonte) il nome di questo utensile non si discosta troppo dall’italiano. La schiumarola è un mestolo concavo e bucherellato che permette di scolare (o schiumare) un determinato alimento da un liquido, specie quando questo è stato fritto nell’olio bollente.
E per finire i piatti.
In questo caso tante pietanze hanno mantenuto il loro nome dialettale, come la Sbrisolona, la friabilissima torta mantovana. Seguono naturalmente gli arancini siciliani, la pinsa romana e la pinza bolognese (dolce), e il pasquale casatiello napoletano.
A tavola dunque il dialetto è ancora vivo e in uso nella sua forma più pura: la più adatta a descrivere ciò che ci prepariamo a gustare. Un piatto tipico, ricco di cultura e storia.