Imponenti e maestose, due statue vengono portate in giro per le vie della città, accompagnate da un caratteristico rullo di tamburi. Una donna bianca di nome Mata e un soldato nero, chiamato Grifone: “i giganti” che ancora oggi danzano nelle province di Vibo Valentia e Reggio Calabria, a Messina e persino a Tarragona, in Spagna.
Secondo questa usanza, in Calabria i giganti vengono fatti “danzare” per commemorare la liberazione dal dominio turco che per secoli mise a ferro e fuoco la regione. L’origine dei giganti pare essere legata a un fatto storico accaduto nel 1190. Quando Riccardo I Re d’Inghilterra giunse a Messina (da dove poi avrebbe mosso la Terza Crociata), si accorse che i cittadini erano oppressi dai greci-bizantini, i quali emanavano leggi esclusivamente a loro favore dall’alto della fortezza di San Salvatore, situata all’imbocco del porto. Riccardo decise di non usare la forza e di far costruire un imponente castello proprio di fronte alla fortezza. Il popolo lo ribattezzò subito Matagriffon, da Macta (ammazza) e Griffon (ladro): un chiaro riferimento agli oppressori stranieri che, intimoriti, abbandonarono per sempre la città.
Dalla storia nacque poi una leggenda, sempre ambientata in Sicilia ai tempi delle invasioni saracene. Qui un moro di nome Hassas Ibn-Hammar, dall’imponente stazza, sbarcò a Messina con l’intento di conquistarla ma, non appena arrivò, si innamorò perdutamente di una fanciulla cristiana: Marta (da cui deriva “Mata”). Il pirata rinunciò così al suo piano e chiese la mano della giovano, che lo sposò solo dopo la conversione del moro al cristianesimo: il suo nome da Hassan diventò Grifo, meglio conosciuto come Grifone per via della sua mole. Ancora oggi Mata e Grifone vengono celebrati dalla comunità messinese come loro progenitori.
Oltre che a Messina, la danza dei giganti si svolge a Tropea per la festa de I tri cruci, celebrata ogni 3 maggio in ricordo della cacciata dei pirati turchi da parte dei tropeani. Durante la festa i giganti girano per le vie danzando la tradizionale caricatumbula, mentre i balconi vengono addobbati con luci e bandiere. La serata si conclude con u camejuzzu i focu, una struttura di legno o cartapesta riempita con fuochi d’artificio e a forma di cammello, l’animale sulla cui sella i turchi solevano riscuotere i tributi in giro per la città.
Uno spettacolo folcloristico da non perdere!