Quello dei funghi è stato riconosciuto come regno naturale a sé stante solo nel 1969, e finora se ne è parlato relativamente poco. Oggi, finalmente, sembra sia arrivato il momento della loro rivalsa: i funghi stanno attirando un interesse sempre maggiore da parte della comunità scientifica grazie a interessanti proprietà che potrebbero dare una svolta green al nostro futuro.
Oltre ad essere buoni da mangiare (o letali, a seconda della specie), i funghi svolgono un ruolo fondamentale per la biodiversità. Fungono infatti (verbo appropriato) da veri e propri “spazzini”, degradando ciò che resta di piante e animali non più vitali e facendo spazio alla nuova vita. Decomponendo piante e animali, infatti, funghi e muffe rimettono in circolo le sostanze nutritive in essi contenute, permettendo alla foresta di crescere e rigenerarsi continuamente.
Se ti si chiedesse di disegnare un fungo, probabilmente disegneresti la sua parte visibile, cioè un gambo con sopra un cappello: questa in realtà è solo il suo corpo fruttifero, che si forma fuori dal terreno quando le condizioni sono ottimali per la diffusione delle spore. Il vero corpo del fungo è infatti rappresentato dal micelio, un fitto reticolo si radici sottilissime dette ife, che possono allungarsi per parecchi metri sotto terra. Nei funghi cosiddetti “simbionti” il micelio si “aggancia” alle radici di una o più piante, scambiando con esse nutrienti.A questa caratteristica dei funghi simbionti sta guardando con interesse anche il mondo dell’agricoltura, che vede nello scambio di composti azotati e fosfato attraverso le ife un valido metodo per ridurre l’utilizzo di fertilizzanti artificiali.
Ma le curiosità non finiscono qui: dalle ricerche più recenti sembrerebbe che, dalle ife, le specie vegetali possano ricavare anche preziose informazioni sul suolo, sulla sua idratazione e sull’eventuale presenza di zone più ricche di nutrimento o, al contrario, di contaminanti tossici. I funghi aiuterebbero infine gli alberi di una foresta a calcolare meglio le distanze ed evitare di invadere gli spazi di quelli adiacenti. Non è ancora chiaro in che modo queste informazioni siano trasmesse e codificate: naturalmente non si tratta di comunicazione in senso verbale come la intendiamo noi umani, ma un sofisticato codice fatto di sostanze chimiche, biomolecole e, forse, impulsi elettrici simili a quelli dei nostri nervi. Nei prossimi decenni potremo sicuramente contare su informazioni più complete ed esaustive, e magari potranno essere d’aiuto per lo sviluppo di nuovi sistemi di comunicazione anche per noi umani.
Per concludere, ti lasciamo con un piccolo invito: la prossima volta che fai una passeggiata nel bosco, chiudi gli occhi e prova a visualizzare quella rete di comunicazione talmente fitta e capillare da fare invidia al nostro Internet. La natura non è meravigliosa?