Aperitivo, antipasto, qualche primo, diversi secondi, un po’ di frutta. Caffè? Sì, ce n’è bisogno. E il dolce? Ci riflettiamo, di palestra se ne parla forse tra qualche mese, quindi sarebbe meglio evitare. Ecco però che una vocina subdola ti sussurra all’orecchio: “È Natale”. Allora pensi che quella precisa occasione si ripresenterà solo tra 12 mesi e lo strappo alla regola è d'obbligo.
Quindi...Pandoro o Panettone?
Possono piacere entrambi, ma spesso nel periodo di Natale si scatenano le "fazioni" avverse a difendere ciascuno dei dolci tradizionali. Oggi parliamo del più popolare in assoluto: il Panettone.
Salvo eccezioni, il gusto del Panettone si inizia ad apprezzare quando si è più grandi. Le uvette e i canditi, che gli conferiscono l'aroma fruttato e complesso, sono la ragione per cui i più piccoli in genere lo rifiutano, per poi tornare ad apprezzarlo qualche anno più tardi. Ma bando alle ciance, chi ha inventato questo capolavoro?
Non si sa, e probabilmente mai si saprà. Possiamo solo decidere a quale versione credere. Le leggende più accreditate sono 3 e provengono tutte dallo stesso periodo storico: il Rinascimento, tra il XV e il XVI secolo.
nel castello sforzesco di Milano, alla corte di Ludovico il Moro, il 24 dicembre di ogni anno si riunivano personaggi illustri della politica e della cultura per celebrare il Natale. Essendo un Natale celebrato in Italia, il numero delle portate era ovviamente infinito anche a quell’epoca.
Il dolce doveva essere un enorme dolce lievitato, con tempi di cottura biblici. Lo chef, assaggiando qua e là i piatti della serata, forse si stava concedendo un pisolino quando sentì odore di bruciato.
Il garzone Toni, che invece non poteva dormire, doveva sistemare la cucina ed essere pronto a qualsiasi eventuale richiesta dalla sala. Per non starsene con le mani in mano avrebbe iniziato ad aggiungere alcuni ingredienti all’impasto avanzato. Uva passa, cedro, uova e zucchero sarebbero andati così a completare il resto e l’impasto sarebbe stato infornato.Al risveglio lo chef non avrebbe fatto in tempo a bacchettare Toni, poiché questi gli avrebbe messo di fronte la salvezza della sua carriera.
L’umile cuoco non avrebbe però “venduto” al signore e i suoi ospiti una storia falsa. Raccontò il suo errore e presentò il dolce come un’idea di Toni.Ludovico il Moro, dopo aver approvato con stupore la nuova ricetta, avrebbe esclamato: “Deve chiamarsi il Pan de Toni”, nome evoluto con il tempo in “panettone”.
Un nobile di nome Ughetto voleva conquistare la figlia del fornaio Tonio. Per farlo decise di stupire il padre, in modo da ottenere il permesso di corteggiare la signorina di nome Adalgisa. Presentò una specie di pane dolce con burro, uova, zucchero e canditi. Di fronte al successo del nuovo “Pan de Tonio”, il fornaio non potè far altro che premiare il gesto amoroso e concedere la mano di sua figlia al nobile innamorato. È credibile?
L’ultima leggenda parla di suor Ughetta, la cuoca di un convento milanese. Per Natale avrebbe preparato un dolce semplice, con pochi ingredienti, per le consorelle. La voce della bontà di quel “grande pane” in dialetto detto “panetton” si sarebbe diffusa dapprima in tutta la città, e in poco tempo nell’intera Penisola.
Avete presente la carta alla base del panettone? Quella talmente attaccata al dolce da sembrare (solo sembrare, occhio!) commestibile? Sembrerebbe solo un dettaglio, ma è uno dei motivi del successo planetario di cui gode il panettone.
È un’invenzione che risale al primo dopoguerra, fatta da Angelo Motta, considerato uno dei padri del panettone. Con la ricetta rinascimentale, infatti, a fine cottura il dolce risultava largo e basso. Grazie alla forma di carta il panettone poteva crescere in altezza, assumendo l'aspetto che tutti riconosciamo oggi.
Non è certo l’estetica che determina il gusto, ma per un dolce che punta a una produzione su scala mondiale una forma caratteristica può fare la differenza sulle vendite.Motta ebbe la capacità di intuirlo 100 anni fa e oggi non esiste panettone senza la “fasciatura” di carta a corona.
Pochi e semplici ingredienti che si sposano alla perfezione: è questo il segreto della maggior parte delle ricette di successo. Pensiamo alla pizza: acqua, sale, farina e un pizzico di lievito per preparare l’impasto. Certo è che ci vogliono preparazione e talento per mettere in tavola un qualsiasi piatto di qualità, ma teoricamente il panettone, come la pizza, si prepara “a occhi chiusi”.
Oltre agli immancabili acqua, farina, zucchero e sale, si aggiunge frutta candita (arancia, uvetta e cedro principalmente), latte, burro, lievito e uova. Tutti ingredienti economici e facilmente reperibili.
Ultima nota: da più di 10 anni la Camera di Commercio di Milano ha istituito un disciplinare di produzione per il panettone della tradizione artigianale milanese. Per ricevere la certificazione i produttori devono sottostare a diverse regole che sostengono l’utilizzo di prodotti locali.