Tanto metano per nulla

Nel 2010 un’inchiesta approfondita di Associated Press scoprì che, dagli anni ’40 in poi, migliaia di pozzi di petrolio sono stati lasciati al proprio destino, senza supervisione né controlli. Chi dirigeva le indagini scriveva che non c’era modo di sapere se questi pozzi avessero, nel corso del tempo, subito perdite di petrolio o meno.

Nel 2019 la IPCC(Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) ha raccomandato ai Paesi membri delle Nazioni Unite di iniziare atracciare le emissioni di metano dai pozzi di petrolio e gas abbandonati. L’invito è stato accolto solo da Stati Uniti e Canada, i quali tuttavia non hanno dimostrato particolare precisione nel riferire i dati.

La pericolosità del metano

Siamo sempre stati abituati a considerare una sola sostanza come responsabile del cambiamento climatico, in particolare del surriscaldamento globale: la CO2. Essa rappresenta l’85% delle emissioni di gas cosiddetti “climalteranti”, perciò rimane sicuramente una sostanza di cui bisogna limitare, in maniera decisa, il rilascio nell'atmosfera.

Esiste però una molecola, laCH4, cheriesce a trattenere gli infrarossi in misura 30 volte maggiore rispetto all'anidride carbonica. Il dato si riferisce a una comparazione tra i due elementi fatta nei primi vent’anni di permanenza in atmosfera.

Ci si chiede a questo punto: perché l’accento si pone esclusivamente sulla CO2?

Dipende da un errore di “misurazione” che ci portiamo avanti da più di un secolo. Gli studi sui gas serra si basavano su un arco temporale di circa 100 anni: ogni molecola di metano impiega intorno agli 8 anni per dissolversi completamente in seguito ai naturali processi di ossidazione. L’anidride carbonica, invece, rimane in atmosfera per un periodo decisamente più lungo. Immaginiamo allora di avere a disposizione, in questo preciso istante, un dispositivo in grado di rilevare tutti i gas serra presenti sul nostro pianeta: il metano risulterebbe presente in una proporzione che è 200 volte minore rispetto all'anidride carbonica. Eppure, il CH4 contribuisce a circa il 20% del surriscaldamento globale avvenuto negli ultimi 100 anni!

Altro dato preoccupante: dal 1750 a oggi la CO2 è aumentata in atmosfera del 41% (da 280 a 400 ppm),il CH4 del 170%(da 0,7 a 1,9 ppm).

Tornando alla premessa, le maggiori fonti di emissione di metano sono i pozzi di petrolio. Bene, su quelli attivi si sta lavorando per limitarne le fughe, ma resta grave la scarsa attenzione che si dedica ai cosiddetti “pozzi orfani”, quelli cioè dismessi e abbandonati.

I dati

In seguito alle esortazioni da parte della IPCC, gli Stati Uniti hanno condotto un’indagine sui pozzi di petrolio e gas abbandonati, tramite l’Agenzia Nazionale per la Protezione Ambientale (EPA), rilevando perdite di metano per 281 kt (chilotoni) nel 2018.

In Canada invece il governo ha stimato che i suoi 313.000 pozzi abbandonati hanno emesso solo 10,1 kt di metano nello stesso anno. Ciò dipenderebbe dai metodi alternativi di estrazione del Paese nordamericano: non si attuano trivellazioni tradizionali, ma si ricava il petrolio da sabbie bituminose.

L’invito a tenere sotto controllo questi siti da parte del Gruppo intergovernativo era però rivolto a tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, circa 193 (pochi di più rispetto ai due che hanno risposto). Alcuni ritengono inoltre che i dati forniti dagli USA risulterebbero incompleti, stimando perdite fino a tre volte superiori rispetto a quelle dichiarate. L’impatto globale del metano è perciò impossibile da misurare con esattezza, dato che nazioni comeRussia,Arabia SauditaeCina, enormi potenze petrolifere, non hanno pubblicato alcun rapporto.

Tuttavia un calcolo approssimativo è stato fattodall’agenzia di stampa britannica Reuters: i pozzi abbandonati nel mondo ammonterebbero aoltre 29 milioni, con emissioni di2,5 milioni di tonnellate di metano all’anno. Uno spreco disumano.

Il paradosso USA

La presidenza Obama aveva istituito un regolamentoche imponeva alle compagnie estrattive di monitorare e riparare eventuali perdite di metano da pozzi, tubature e impianti di stoccaggio, durante le operazioni di estrazione dei combustibili fossili.

L’EPA, già menzionata, l’Agenzia cioè che dovrebbe occuparsi di proteggere l’ambiente, ha pubblicato un piano, voluto dall’attuale presidente USA Donald Trump, che sostanzialmente ha l’obiettivo di eliminare tale regolamento, svincolando le aziende del settore dall’obbligo di controllare le perdite.

Fortunatamente, nella partita tra prevenzione e distruzione, si sono fatti valere i veri giocatori: gruppi come BP America, Exxon e Shell, le più grandi compagnie energetiche americane. Queste hanno comunicato la loro assoluta opposizione al piano sopra citato, constatando che si tratterebbe di una mossa sbagliata anche in ambito marketing, visti i grandi investimenti fatti in gas naturali negli ultimi anni per contrastare la produzione di gas serra. Speriamo continuino su questa linea.