Com’erano i ristoranti di una volta? Di certo non possiamo paragonarli a quelli di oggi, ma la loro offerta culinaria era alquanto ricca e variegata, soprattutto al tempo dei Romani.
Dagli scavi di Pompei – la città che insieme a Ercolano, Stabia e Oplontis venne distrutta dall'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. – è emerso proprio un thermopolio, l’antenato del più moderno fast-food. Uno dei più grandi di Pompei sorge sulla via dell’Abbondanza, quella che collega nel suo lungo tracciato i principali nuclei della città quali il Foro, le Terme Stabiane, il Tempio di Iside e l’Anfiteatro. I thermopolia e le caupone – le trattorie del tempo – facevano a gara per contendersi il favore dei pompeiani che, all’ora di pranzo, volevamo mettere a tacere i brontolii di stomaco. Il prandium infatti veniva spesso fatto fuori casa e non aveva nulla a che vedere con la cena latina, che iniziava nel pomeriggio e si protraeva fino a tarda sera in un susseguirsi di primi, secondi, contorni e dessert.
A pranzo si mangiava meno, per strada e in fretta, visto che molti pompeiani subito dopo dovevano tornare a lavoro. Nel thermopolio di via dell’Abbondanza, come negli altri di cui sono rinvenuti i resti in altre parti della città, non c’erano né tavoli né sedie. Si mangiava in piedi qualcosa di veloce ma sostanzioso, come focacce, schiacciate e altri piatti pronti. Un antico fast-food dove, insieme a piatti veri e propri, venivano servite anche bevande analcoliche e vini locali, come Aglianico, Cecubo, Falerno. Fra le più vendute c’era la posca, una bevanda energetica e dissetante fatta con acqua, uova e aceto. Come si dice, “altri tempi, altri gusti”, no?
Anche in epoca romana l’alimento principale era il pane: se ne producevano almeno 80 tipi diversi. Il più pregiato era il panis clibarinus: candido, morbido e solitamente destinato alle classi più ricche. Il pane delle genti invece era per lo più integrale, prodotto con farine miste.
Tra i piatti pronti da consumare non appena acquistati al thermopilio, c’era la puls fabata, una zuppa a base di fave e cereali. Proprio le fave erano al tempo considerate un cibo divino, da mangiare in mille modi, anche fritte o crude.
Non potevano naturalmente mancare portate a base di carne o pesce! Pare che i pompeiani più agiati fossero divoratori seriali di frutti di mare quali ostriche, datteri, lupini, vongole e patelle. La carne consumata, invece, era per lo più selvaggina, e dunque di lepri e pernici. Molto richiesta era anche la carne di maiale, spesso farcito con uova, beccafichi e quaglie.
Infine, come in ogni fast-food che si rispetti, ecco la lista dei dolci. Semplici ma molto raffinati, come la liba, una focaccia dolce preparata con uova e formaggio e servita con frutta secca o miele. Seguivano poi vari dolcetti fritti nello strutto (avi di chiacchiere e frittelle) e conditi con miele caldo.
Come testimonia il thermopilio di Pompei, anche in epoca romana i locali del tempo offrivano menù ricchi e variegati, per rispondere alle esigenze di una popolazione già in costante movimento.