Una memoria da elefante

Un detto azzeccato per descrivere le sorprendenti capacità cognitive di questi giganti del regno animale.

Abbiamo già parlato dell'intelligenza delle api, dei cefalopodi , dei pappagalli e persino dei corvi. Oggi tocca agli elefanti. Essi non solo hanno un’intelligenza ragguardevole ma anche una memoria di ferro. Pronto a scoprirne di più?

Tutta testa

Svariati studi condotti dall’Università di Cambridge hanno dimostrato che dietro ogni azione dell’elefante c’è un pensiero: capiscono quando adottare un dato comportamento e ponderano sulla scelta da fare in base alla situazione. Insomma sono esseri più che pensanti!

Il loro quoziente intellettivo è molto vicino a quello dei primati e, di conseguenza, a quello umano. L’ippocampo di un elefante è complesso e di grandi dimensioni, in grado di immagazzinare un’enorme quantità di informazioni che andranno a comporre la memoria a lungo termine dell’animale. Tali ricordi – spesso dolorosi – lo aiutano a riconoscere e aggirare pericoli, come può essere la siccità. L’animale, specie se è sopravvissuto a un evento simile, è infatti in grado di comprenderne le avvisaglie e guidare il resto del branco verso un luogo più sicuro.

Con più di 250.000 neuroni, la corteccia cerebrale di un elefante è persino più complessa di quella umana. Questo fa sì che anche gli elefanti siano dotati di diversi tipi di intelligenza: una emotiva, una cognitiva e una sociale. Sono animali con spiccate capacità di problem-solving, inclini alla cooperazione e in grado di comunicare attraverso gesti e suoni sia con i propri simili che con altre specie.

Un solo cervello, mille emozioni

Quello che sorprende è che questi giganti del regno animale siano in grado di ricordare innumerevoli esperienze – persone incontrate, luoghi visitati, attacchi e violenze subite – e di provare svariate emozioni tra cui anche il dolore per un lutto. Questo spiegherebbe la celebrazione di veri e propri funerali in mezzo alla savana. Durante questi riti, gli elefanti tumulano il defunto ricoprendolo di foglie, e accarezzandolo con la proboscide. Il branco si sposterà ma la zona che ospita i resti del conspecifico continua a essere frequentata e a fare da scenario a rituali di commemorazione.