La muffa può rovinare un vigneto... oppure esserne la fortuna! I vini dolci colpiti da Muffa nobile o Botritys Cinerea sonovini sublimi che raccontano di vigneti eccellenti e microclimi perfetti, di pazienza e lavoro certosino.
Può sembrare paradossale che un’uva (o un qualsiasi alimento, a dir la verità) colpita dalla muffa possa rivelarsi poi un ottimo prodotto. E in effetti, la
muffa (con la M maiuscola se nobile) può essere sia la gioia che la disperazione dei vignaioli.
La muffa è un fungo parassita che porta alla disidratazione dell’acino, che colpisce i grappoli maturi e carichi d’acqua, soprattutto se con buccia sottile. È una vera e propria malattia della vite favorita dall’umidità fredda, dalle lunghe o ripetute piogge, e si riconosce dal caratteristico colore grigiastro. Se arriva a colpire anche il peduncolo (la parte iniziale del grappolo attaccata al tralcio), quest’ultimo marcisce e il grappolo si stacca dalla vite. E questo è il quadro più fosco e tragico.
Ma, in condizioni climatiche adatte… la Botrytis Cinerea (dal latino: fatta di cenere) diventa Muffa Nobile. Causando sì la stessa disidratazione degli acini, ma di uve più resistenti, dalla buccia spessa e con aromaticità peculiari; favorendo sì l’appassimento, ma anche la concentrazione degli zuccheri e degli aromi.
Contribuisce allora alla produzione di alcuni vini dalle caratteristiche singolari, uniche e pregiate: si parla dei sontuosi
Sauternes francesi, dei pregiati
Tocaji ungheresi ma anche di
Muffati italiani, particolari produzioni di nicchia di assoluto pregio qualitativo.
Portabandiera indiscusso della categoria è lo Chateau d’Yquem prodotto nella zona di Sauternes in Francia. Sapiente è il blend di uve Sauvignon e Semillon coltivate in zona dove il microclima, creato dall’alternanza di temperatura calda e umidità del fiume che qui scorre, favorisce l’attacco della Muffa Nobile. La raccolta degli acini migliori è fatta rigorosamente a mano di pianta in pianta e richiede più passaggi fino a vendemmia conclusa.
Il colore dell’acino diventa bruno caldo, la sfumatura del vino che ne deriva è un giallo dorato carico di una gradazione unica e riconoscibile, risultato dalla fermentazione in
barrique e successiva maturazione in legno per almeno 24 mesi.
La buona gradazione alcolica di 14° e l’alta concentrazione zuccherina, sui 150 mg/l, aiutano lo sviluppo di profumi intensi che riportano ai vitigni di base, ma anche al legno, con riferimenti alla frutta tropicale o secca, in aumento con l’invecchiamento. Avremo, quindi, la dolcezza dell’albicocca, la gustosa acidità del pompelmo o dell’ananas, il retrogusto di arance amare o di mandorle, il fiorato della verbena o della rosa, il tostato del caffè, la morbidezza della vaniglia. La freschezza data dall’acidità è equilibrata e ben strutturata, il gusto è caldo, morbido e avvolgente e il sentore di muffa, credetemi, è perfettamente bilanciato e unico.
Lo Chateau d’Yquem è il vino dolce più costoso al mondo (una bottiglia del 1811 è stata pagata quasi 120.000 $). Nasce già nel Medioevo e la sua leggenda, attraverso conquiste e lasciti ereditari, arriva fino ad oggi. Amato da Thomas Jefferson (il Presidente americano più erudito in fatto di vino), che ne compra per sé e per George Washington, e viene addirittura portato nello spazio negli anni ’80 del secolo scorso.
Può invecchiare oltre 100 anni ed è solitamente venduto in bottiglie da 0,375 cl (annata 1997 a 184 €!) o da 50 cl, ma sarebbe spettacolare ed estremamente dispendioso acquistare una bottiglia da 15 litri di questo nettare, che, oltre ad essere perfetto con gli
abbinamenti regionali francesi, si trova a suo agio con la cucina mediterranea e con il sushi, in azzardo con cacciagione di piuma e indivisibile dal Foie Gras.
Come tutti i vini dolci e muffati, è sublime con i formaggi erborinati o di lunga stagionatura, ovviamente vino da dolci, ma per me da degustare assolutamente da solo, ma non da soli.
Curiosità: se fate un giro al Merano Wine Festival, c’è una sezione dedicata a questo vino eccezionale con possibilità di assaggiarne liberamente differenti annate.
In Italia sono poche le aziende che producono vini muffati e sono limitate le bottiglie che escono dai confini regionali. Sono e restano eccellenze di nicchia, e il modo migliore per conoscerli e degustare è recarsi direttamente sul posto.
Tra i più pregiati troviamo il
Muffato della Sala Igt. Viene prodotto in Umbria dalla cuvée di uve Sauvignon e Grechetto, Traminer e Riesling, vendemmiate tra fine ottobre e primi di novembre. Il risultato è un vino dal colore
giallo ambrato, dagli aromi floreali e mielosi, di forte intensità aromatica, equilibrato fin dalla sua giovinezza.
Altro notevole esempio di qualità è il Muffo del Lazio Igt, prodotto in provincia di Viterbo da uve Grechetto lasciate maturare in botti di rovere per almeno 12 mesi: ne esce un vino intenso e fine molto persistente dai profumi di arancia candita e noci, pietra focaia e cannella. Un piacere per il palato.
Intrigante e praticamente nuovo nell’orizzonte dei vini muffati italiani è il Passerina Passito Offida Doc. Prodotto nelle Marche, riscopre e reinventa un autoctono antico, la Passerina, camaleontico vitigno capace di eccellenti espressioni sia nelle versioni spumante che secco ma anche sotto attacco di Muffa Nobile.
Abbiamo scoperto che anche la muffa può essere nobile e l’universo dei vini muffati è ancora da esplorare, viaggiando in Europa e nei Paesi freddi. Siete curiosi? Vi aspetto alla prossima puntata.
Cin Cin!