“Fritelle piene di vento: fritelle che pareranno piene e saranno vode”. Romanticissima definizione dei galani che è apparsa per la prima volta nell’ Opera Nova chiamata Epulario (Venezia, 1518), scritta da Giovàne de Rosselli. Ogni regione celebra il Carnevale con la propria ricetta: “chiacchere” in Lombardia, “bugie” in Piemonte e “cenci” in Toscana. Nomi diversi per il medesimo dolce che deliziava anche gli antichi Romani. Si tratta, infatti, dei “fritilia”, a base di pasta fritta nello strutto, come gran parte dei piatti per festeggiare l’arrivo della primavera.
Sciogliere il burro a bagnomaria e farlo raffreddare un po’, oppure lasciarlo fuori dal frigo ad ammorbidire. Grattugiare la scorza di limone. Su una ciotola oppure su una spianatoia disporre la farina a montagnola e versare al centro le uova intere ed i tuorli, lo zucchero, la scorza di limone grattugiata, il burro sciolto o ammorbidito, e il sale. Lavorare con la punta delle dita, amalgamandoli tra loro ed incorporare un po’ alla volta alla farina ed unire infine la grappa. Amalgamare tutti gli ingredienti nella spianatoia. Impastare fino ad ottenere una palla liscia, avvolgere con la pellicola e lasciar riposare almeno un’ora. Il riposo “rilasserà” la pasta e sarà più semplice lavorarla nei passaggi successivi. Versare l’olio di semi in una casseruola e portarlo in temperatura.
Stendere l’impasto con il mattarello oppure con la macchina per fare la pasta, fino ad ottenere una sfoglia sottile; ricavarne delle losanghe regolari tagliandole con una rotella dentellata, incidere due tagli al centro e friggere in abbondante olio caldo a 180°. Raccogliere con una schiumarola, appoggiare sopra un piatto coperto con carta casa per far assorbire l’olio in eccesso. Disporli sopra un vassoio o piatto da portata e spolverare con lo zucchero a velo i crostoli ancora tiepidi.