Quando si parla di degustazioni, probabilmente ti immagini all’interno di una cantina vitivinicola, davanti a tanti calici di vino da roteare delicatamente e assaggiare. Eppure il vino non è l’unica bevanda che può essere degustata: anche la birra si presta benissimo a questa pratica che, se eseguita nel modo corretto, ci regalerà sensazioni ed emozioni uniche. Pronto a scoprire come degustare al meglio una birra?
Come accade per il vino, la degustazione coinvolge gli occhi, il naso e le papille gustative, e avviene raccogliendo informazioni in tre tappe, ciascuna corrispondente a uno dei suddetti organi: l’esame visivo, olfattivo e gustativo.
Si parte esaminando il colore e la limpidezza della bevanda, caratteristiche che anticipano le altre. L’intensità del colore si determina con lo spettrofotometro, che misura l’attenuazione di un fascio di luce quando attraversa la bevanda. Misurando l’attenuazione della luce quando attraversa la bevanda. Per farlo si utilizza uno spettrofotometro, strumento che fa passare un fascio di luce attraverso un campione di birra spesso 1 cm e misura in nanometri la variazione di lunghezza d’onda della luce. Si va dal paglierino delle lager al biondo brillante delle pilsner. Le weizen chiare non filtrate sono ambrate tendente al dorato, mentre le doppio malto particolarmente tostate presentano tonalità rossastre. Alcune birre trappiste e doppelbock sono brune, mentre le più “oscure” rimangono indiscutibilmente le stout.
Si passa poi a considerare la limpidezza, ossia la capacità di un corpo di riflettere la luce, valutando la presenza di corpuscoli e sedimenti in sospensione nel liquido. A seguito di questo esame, una birra potrà dirsi brillante, cristallina, opalescente oppure torbida. Merita attenzione anche la trasparenza, dove il fattore determinante è l’intensità cromatica. Ad esempio, una Stout come la Guinness si presenta limpida, visto che mettendola in controluce vedremo dei riflessi color rubino, ma anche impenetrabile, non potendo vedere nulla attraverso di essa.
Ultima ma non meno importante la schiuma: evanescente e poco presente nelle Ale britanniche, oppure abbondante e durevole come nelle Weizen tedesche. Per analizzarla si prendono in considerazione vari fattori: colore, persistenza, stabilità e persino l’aderenza alle pareti interne del bicchiere. Una schiuma adeguata infatti protegge la birra dal contatto con l’aria, preservandone i profumi e le relative sfumature aromatiche.
L’esame olfattivo serve a determinare l’aroma, i profumi complessi e affascinanti che le birre sanno regalare. L’aroma è fondamentale e, in generale, può essere luppolato, maltato, floreale o ancora fruttato. L’aroma può poi essere intenso, leggero o tenue, e descritto come persistente, molto persistente o sfuggente. La sua qualità può essere molto fine, fine, comune o – ma non capita sovente – grossolana. Nel complesso, quel che il naso vi regala è una sensazione equilibrata, ampia e penetrante. Occhio però a non assuefare l’olfatto! Dopo un periodo di tempo prolungato, il naso si “anestetizza” e non è più possibile distinguere in maniera precisa le caratteristiche olfattive della birra.
Il gusto della birra dipende soprattutto dallo stile di fabbricazione. Il primo che si percepisce è l’amaro, più o meno intenso, conferitole dal luppolo. Anche qui abbiamo una scala per definirne il grado d’intensità: la International bitterness unit (Ibu). L’amaro è soggettivamente più pronunciato nelle pilsner e meno nelle lager, poiché contengono una minore quantità di luppolo. Nelle bock e nelle ale l’abbondanza del malto può dar vita a un gusto dolce-amaro tendente all’abboccato, all’amabile o addirittura al dolce. Tutte le caratteristiche gustative vengono poi sottolineate dal cosiddetto retrogusto (o sensazione retronasale) che tende a risalire in bocca una volta deglutita la birra.