Circa 6000 anni fa i Sumeri vedevano nella foglia di vite il simbolo dell’esistenza umana, facendo della parola “vino” un sinonimo di “vita”. Dopo di loro, gli Assiri raccontavano nei loro bassorilievi alcune scene di banchetti in cui gli schiavi che attingevano il vino da grandi crateri per servirlo ai commensali in delle coppe.
Nell'Egitto dei faraoni invece il vino era usato come segno di pacificazione. Tante sono le raffigurazioni di reali che porgono alle divinità un calice di vino per sancire la pace fra il mondo umano e quello ultraterreno. Inoltre, il vino era considerato al pari di un oggetto di lusso, di cui solo l'aristocrazia (i faraoni e la loro corte) poteva godere.
Nell'Antica Grecia il vino era protagonista dei famosi simposi dove, fra un sorso e l'altro, filosofi e letterati disquisivano di vita, arte e religione. A questi banchetti era sempre presente il simposiarca, responsabile della mescita del vino che, a causa del suo carattere all'epoca piuttosto sciropposo e dal grado alcolico elevato, si beveva solo se miscelato con l’acqua. Aggiungere la giusta quantità di acqua al vino per permettere agli invitati di poterlo gustare al meglio era dunque il compito principale del simposiarca. Questa persona svolgeva un ruolo di grande responsabilità ma senza alcuna conoscenza specifica circa le caratteristiche del vino, poiché la necessità era quella di trovare qualcuno abile nella mescita.
Nell'antica Roma il simposiarca diventa Arbiter Bibendi, una persona che stabiliva di volta in volta le proporzioni d'acqua da mescolare al vino, così come il numero e le modalità dei brindisi. I simposi romani avvenivano all’interno delle tabernae, luoghi molto spartani. Qui insieme al vino venivano servite anche focacce, formaggi, uova, verdure, legumi e frutta fresca o, dove la qualità della locanda era migliore, si poteva assaggiare anche cacciagione di stagione, pesce, funghi e persino tartufi.
Nel Rinascimento comparvero altre figure: il “cantiniere”, responsabile dell’acquisto del vino, e il “bottigliere”, che si occupava di preparare il bicchiere di vino per il signore, solo dopo aver assaggiato la bevanda per verificare che non contenesse del veleno. Infine c’era anche la figura del “coppiere”, il cui compito era quello di portare a tavola il vino.
Presto la figura del “bottigliere” arrivò a inglobare le altre due assumendo una denominazione che ricorda quella attualmente usata: “somigliere di bocca”. Le sue funzioni erano molto simili a quelle del moderno sommelier. Era infatti incaricato di assaggiare e selezionare i vini per la tavola dei signori, descrivendoli ed elencandone le caratteristiche ai commensali. Grazie ai suoi preziosi consigli questi ultimi potevano degustare la bevanda al meglio.
Molti pensano che il primo sommelier della storia fu Sante Lancerio, il “somigliere di bocca” di papa Paolo III, una figura specializzata nell’arte di conoscere e proporre i vini. Si cominciò così a diffondere l’idea che consigliare e servire vino fosse una forma d'arte, frutto di studi di un’accurata preparazione professionale. Fu così che, soprattutto in Italia e in Francia – due dei principali produttori di vino al mondo fin dai tempi più antichi– si incontravano figure come quelle del “somigliere” e del “sommelier”.