Il viaggio del tatuaggio

Per gioco, per un fattore estetico o per ricordare un momento significativo: oggi il tatuaggio è sulla pelle di tutti, o quasi. Ma da dove è partita questa pratica e quali popoli ha interessato?

Nel ‘91 al confine tra Italia e Austria è stato rinvenuto il corpo perfettamente conservato di un uomo, rinominato Otzi, che presentava evidenti tracce di tatuaggi. A quanto sembra,5300 anni fa, si usava tatuarsi sfregandocarbone polverizzato sulla pelleed è questo, ad oggi, l’esempio più antico della storia.

Nell’Antico Egittoil tattoo era invece un’esclusiva femminile: sono giunte sino a noi pitture di corpi di danzatrici tatuate e immagini di mummie femminili con gli stessi disegni.

Interessante è poi la conversione messa in atto dagli antichi Romani. Inizialmente credevano fermamente nella purezza del corpo e usavano i tatuaggi solo per marchiare i criminali. Tuttavia, dopo aver affrontato i Britannici, che portavano segni distintivi sulla pelle, alcuni soldati romani abbandonarono l’idea della purezza, per inscriversi sul corpo segni d’onore e di forza.

L’Ebraismo vieta ogni tipo di segno permanente sulla pelle, così come l’Islam, che però ammette la pratica dell’henna, il tatuaggio temporaneo.

I crociati cristiani nel XII secolo si tatuavano la Croce di Gerusalemme, in modo da essere riconosciuti in caso di morte e avere una sepoltura dignitosa.

La prima testimonianza del termine tattooin letteratura compare nel diario del marinaio James Cook, dopo l’approdo a Tahiti nel 1769. Tattowfu la parola appuntata dall’inglese, derivata dal termine tau-tau, onomatopea che indicava il rumore prodotto dal picchiettare del legno sull'ago per bucare la pelle.
Da alcune interpretazioni sembra che in realtà i Tahitiani utilizzassero una conchiglia affilata, attaccata a un bastoncino.I marinai inglesi testimoniano che il tatuaggio era una pratica dalla forte valenza culturale nelle zone del Pacifico. Ad esempio, quando raggiungevano lamaturità sessuale, le donne venivano marchiate di nero sulle natiche.

Qualche anno più tardi (inizi 1800), in Inghilterra si sviluppò una macabra usanza: barattare pistole con teste di guerrieri Maori tatuati. La pratica divenne talmente radicata che i commercianti di schiavi tatuavano le teste dei prigionieri per poi venderle. Fortunatamente il Governo intervenne nel 1831 vietando il commercio di teste umane.

Ci spostiamo in America, precisamente a New York: è il 1891 e Samuel O’Reilly sta brevettando la prima macchinetta elettrica per tatuaggio, che renderà la pratica molto meno dolorosa e più accessibile.

Fino agli ultimi anni del ‘900 , però, il tatuaggio in Occidente continuò ad essere visto come segno di malavita: un fondo di verità c’era, poiché quasi tutti i carcerati ne avevano uno.

Anche in Giappone vigeva questo pregiudizio; nel 1870 venne vietata la pratica del tatuaggio e gli uomini della Yakuza (la mafia giapponese) risposero con tattoo molto elaborati e significativi su tutto il corpo.

Tra anni ’70 e ’80, infine, gruppi come punk e bikers adottarono il tatuaggio come simbolo di ribellione ai precetti morali della società, spianando la strada per una diffusione “libera” di una pratica che oggi, a parte qualche caso isolato, non subisce discriminazioni.