Con il riscaldamento globale che riduce la durata e la qualità della stagione sciistica, molte stazioni si affidano sempre più alla neve artificiale per garantire piste praticabili. Questa soluzione, però, solleva interrogativi importanti sulla sostenibilità ambientale.
La neve artificiale si ottiene spruzzando acqua nebulizzata attraverso appositi cannoni a basse temperature. Sebbene il processo sembri semplice, richiede grandi quantità di risorse: per ogni ettaro di pista innevata servono in media 3.500 metri cubi d’acqua e un notevole consumo di energia elettrica.
Consumo d’acqua: L’acqua necessaria per produrre neve artificiale viene spesso prelevata da fiumi o laghi locali, rischiando di alterare gli equilibri ecosistemici soprattutto in periodi di siccità.
Energia: I cannoni sparaneve richiedono un’elevata quantità di energia, spesso proveniente da fonti non rinnovabili, aumentando così le emissioni di gas serra.
Alterazione del suolo: La neve artificiale è più densa rispetto a quella naturale, il che può comprimere il terreno e ostacolare la crescita della vegetazione sottostante.
Alcune stazioni sciistiche stanno cercando di ridurre l’impatto ambientale della neve artificiale attraverso:
Uso di energia rinnovabile: Alimentare i cannoni con pannelli solari o impianti eolici può ridurre significativamente l’impronta di carbonio.
Gestione più efficiente dell’acqua: Recuperare e riutilizzare l’acqua sciolta al termine della stagione è un’opzione sempre più praticata.
Diversificazione delle attività turistiche: Investire in attrazioni alternative, come percorsi trekking invernali o spa, può ridurre la dipendenza dalla neve artificiale.
La neve artificiale offre una soluzione temporanea alle sfide poste dal cambiamento climatico, ma non può essere considerata una risposta definitiva. Per preservare il turismo invernale e l’ambiente montano, è essenziale promuovere un approccio più sostenibile che coniughi innovazione tecnologica, gestione responsabile delle risorse e sensibilizzazione dei visitatori.