Se guardi una partita di tennis in lingua inglese, sarà facile sentire un’espressione come “fifteen-love”, ossia “quindici a zero”. La domanda sorge spontanea: cosa accomuna l’amore e il tennis? Che sia l’unico sport in cui il tanto decantato sentimento vale zero? Così può sembrare visto che il termine straniero love indica il giocatore che non ha ancora fatto punti.
L’origine di questa parola va ricercata nella pallacorda, antesignano francese del tennis moderno. Nato con il nome di jeu de paume, questo sport consisteva nel mandare nel campo avversario una pallina colpita col solo palmo della mano, indossando un apposito guanto. Nel XVI secolo fu introdotto l’utilizzo della racchetta e si potè giocare sia all’interno (courte paume) che all’esterno (longue paume) su un campo lungo 30 metri e largo 12, diviso da una rete. Oltre all’attrezzatura e alle regole di gioco, la pallacorda e il tennis condividono anche il modo di conteggiare i punti.
Per indicare il punteggio pari a zero i francesi usavano l’espressione l’oeuf, “l’uovo”, visto che la sua forma ricorda quella del numero. Gli inglesi importarono questa espressione che, per assonanza, si trasformò in love. Ecco che, match dopo match, si passò dall’uovo all’amore, un sentimento che tifosi e giocatori di tutto il mondo nutrono per il tennis ma che non riguarda il punteggio in sé.
Dalla spiegazione storicamente e foneticamente più logica sono poi nati diversi aneddoti e detti, primo fra tutti quello che recita “sfortunato nel gioco, fortunato in amore”. Il termine love riferito al giocatore col punteggio inferiore farebbe supporre che, malgrado le ripetute sconfitte in campo, abbia una gioiosa vita sentimentale, in grado di far passare in secondo piano la sua ambizione sportiva.