Leggenda narra che durante una lunga giornata nei boschi in cerca di bacche ed erbe commestibili, Shennong il contadino si avvelenò accidentalmente. In fin di vita, il vento lo imboccò con una foglia di tè. Lui la masticò e venne salvato dai suoi effetti miracolosi.
Il tè non cura l’avvelenamento, ma la storia di Shennong, il mitologico fondatore dell’agricoltura, evidenzia l’importanza del tè per l’antica Cina. Reperti archeologici indicano che il tè viene coltivato da 6000 anni: la stessa pianta che conosciamo oggi, ma le sue foglie venivano mangiate invece che utilizzate per gli infusi.
Soltanto intorno a 1500 anni fa nasce la bevanda del tè, e ha un grande successo in tutta la Cina, diventando oggetto di libri e poesie.
Nel IX secolo, durante la dinastia Tang, un monaco giapponese porta la prima pianta di tè nella sua patria, dove viene accolta con entusiasmo, e si sviluppano una serie di rituali proprio intorno all’abitudine di bere tè. Nei secoli successivi lo stesso avverrà per una moltitudine di altri popoli.
Nel XIV secolo, durante la dinastia Ming, la Cina detiene il monopolio del tè: uno dei più importanti beni di esportazione, insieme a porcellana e seta.
Pertanto, parallelamente alla diffusione del tè nel mondo, la Cina acquisisce ricchezze e potere.
I primi a commercializzarlo in Europa sono i mercanti olandesi, nel XVII secolo. Diventa presto una moda nelle corti, dal momento in cui la grande consumatrice di tè Caterina di Braganza, nobildonna portoghese, sposa Re Carlo II d’Inghilterra nel 1661.
È un momento in cui l’Impero Britannico sta espandendo la sua influenza coloniale nel mondo, e come effetto collaterale diffonde anche l’usanza del tè.
Nel XVIII secolo il tè vale dieci volte il prezzo del caffè e la pianta viene ancora coltivata soltanto in Cina.
Il commercio di tè è una miniera d’oro, tanto che la barca più veloce dell’epoca, la nave Clipper, nasce dalla competizione tra le compagnie occidentali, per portare in Europa il tè il più velocemente possibile.
L’Impero Britannico paga il tè con l’argento, ma quando questo diventa troppo costoso viene proposto un baratto: il tè viene scambiato con l’oppio. Questo scatena in Cina un’ondata di dipendenze e di problemi di salute su scala nazionale e nel 1839 un ufficiale cinese ordina ai suoi uomini di distruggere grossi carichi britannici di oppio, come gesto di opposizione verso l’influenza britannica sulla Cina.
Si scatena così la Prima Guerra dell’Oppio, che si conclude con la sconfitta della dinastia Qing e la cessione del porto di Hong Kong ai britannici, che impongono le proprie regole nei successivi accordi commerciali.
La Compagnia delle Indie, per sradicare il monopolio dalla Cina, incarica il botanico Robert Fortune di rubare la pianta e portarla in India, dando una spinta ancor maggiore alla diffusione del tè che oggi è la seconda bevanda più consumata al mondo, dopo l’acqua.