È il distillato più popolare del mondo, e le sue origini sono avvolte in una nebbiosa contesa di paternità tra Irlanda e Scozia.
Nel ventennio fascista in Italia veniva chiamato “spirito d’avena”: oggi è corretto dire whisky o whiskey? Generalmente si usa la grafia “whisky” per indicare quelli distillati in Scozia (comunemente definiti anche “scotch”) e in Canada, mentre la parola “whiskey” si riferisce generalmente alle produzioni irlandesi e statunitensi.
In irlandese, il termine “acquavite” diventa “uisce-beatha”: un nome che troviamo per la prima volta in alcuni manoscritti monastici del 432 d.C. e che, nei secoli, è mutato in quello che conosciamo oggi.
Il whisky si ottiene dalla fermentazione di vari cereali, con successiva distillazione e maturazione in botti di legno. Ci sono diverse varianti:
Esistono anche tipicità regionali: in Irlanda, il processo di distillazione è tradizionalmente triplo, mentre negli Stati Uniti è molto popolare il Bourbon Whiskey, che prevede l’impiego di mais come materia prima.
Recentemente, il Giappone è diventato il produttore più rinomato del mondo, e anche l’Australia sta emergendo sul piano internazionale.
Il whisky andrebbe gustato a temperatura ambiente, senza ghiaccio.
Un consiglio dai sommelier? Versare pochissime gocce d’acqua nel bicchiere prima di gustarlo, in modo da aprire il suo bouquet aromatico.