La birra nei cocktail

Nell’ultimo decennio la birra ha fatto la sua comparsa in cocktail di diverso tipo, dai Radler Campari ai Mojito, passando dai Moscow Mule e gli Americano rivisitati. Tuttavia utilizzare la birra come ingrediente dei cocktail non è una novità: la troviamo già nelle ricette per barman nel Jerry Thomas’ Bartenders Guide del 1862 e in quelle di Oxford Night Caps del 1871.

Prima ancora, in epoca vittoriana, era usanza bere purl, un misto di gin, birra calda, zucchero ed erbe aromatiche. Arriviamo fino al 1695, quando l’Oxford English Dictionary parla di flip per definire una bevanda calda a base di rum, birra e zucchero. Successivamente, la birra venne sostituita dall’uovo nella realizzazione del flip, che assunse il nome di eggnog, tipica bevanda natalizia.

Da considerare che nel XIX secolo molti pub, in mancanza di mezzi di trasporto e refrigerazione, producevano la propria birra che stoccavano in barili nelle proprie cantine. È ipotizzabile quindi che la birra venisse mescolata con altre sostanze per coprire il suo dubbio sapore, soprattutto quando qualcosa nel processo brassicolo andava storto.

Al giorno d’oggi la birra è invece diventata una sfida per i mixologist per avventurarsi alla ricerca di nuovi sapori. Vediamo quindi la birra IPA, col suo forte sentore amaro di luppolo, abbinata ad amari capaci di tenerle testa come il bitter, il mezcal e la tequila. La stout, dal sapore di malto profondo e tostato, si associa a liquori invecchiati in barrique come il whiskey, rum e il brandy: uno dei cocktail più antichi della storia con la birra è il Black Velvet, composto da stout e champagne. Concludiamo questa panoramica con una birra adatta per la bella stagione, la weizen, che da sempre ammicca all’acido degli agrumi, si abbina alla perfezione con succo di pompelmo e di limone, bilanciato con il bitter.